Se per affidabilità intendiamo l’attitudine di un materiale (o di un prodotto da questo ricavato) ad adempiere alle prestazioni richieste, siano esse di carattere funzionale od espressivo, per un periodo di tempo abbastanza lungo com’è tipico per l’architettura (almeno cinquant’anni), allora dobbiamo convenire sul fatto che i materiali artificiali moderni hanno perduto in questo campo una battaglia importante.
Il concetto di durabilità esigeva una verifica basata sullo studio del comportamento dei materiali all’invecchiamento effettuato in termini rigorosi; ciò non sembra essere mai stato fatto. Il “tempo reale” ha evidenziato con la sua oggettività ed inclemenza molto più di quanto avessero già fatto le cosiddette “prove di invecchiamento accelerato”, spesso avviate dalle stesse industrie produttrici e non sempre divulgate al pubblico nella veridicità dei risultati.
L’importanza crescente affidata, nell’uso dei nuovi materiali, al problema dei trattamenti superficiali (operazioni di pitturazione, rivestimento, ecc.) va interpretata, ancor prima che come arricchimento estetico o “nobilitazione” degli stessi, come indispensabile strategia protettiva delle superfici esterne per conferire loro adeguata resistenza al deterioramento provocato dal trascorrere del tempo.
Il “rivestimento” diventa, in genere, lo strumento irrinunciabile per mantenere un livello accettabile di funzionalità, efficienza ed espressività; esso si sovrappone, spesso, come una maschera protettiva la cui perdita corrisponde all’inizio del degrado; la materia forte a cui si delega la resistenza agli agenti esterni si riduce a spessori sottili: la profondità, il peso, la durezza, la qualità omogenea del materiale sembrano per alcuni decenni non interessare più.
La moderna tecnologia di questo nostro secolo si è indirizzata prevalentemente verso prodotti ed oggetti compositi, formati spesso da più materiali utilizzati a strati. Il fine è stato quello di ottimizzare – ma spesso solo da un punto di vista economico – l’uso dei materiali; in questi casi la superficie esterna si presenta come uno “strato pregiato” (e conseguentemente “sottile”) sotto il profilo estetico e delle proprietà funzionali e di resistenza, che viene sovrapposto agli strati più interni.
Il moderno si è incarnato in prodotti ed oggetti anisotropi, spesso, a più strati di cui ognuno svolge una funzione specifica – massa, resistenza meccanica, coibenza, ecc. – ma sempre diversa da quella svolta dallo strato di superficie esterna (la “pelle” del prodotto) a cui è affidata l’immagine e la riconoscibilità del manufatto. La superficie in questi casi non è più strettamente correlata – anzi spesso è completamente autonoma – alle caratteristiche dei materiali sottostanti
ai quali offre protezione e qualità estetiche.
Secondo questa logica, la superficie di un mattone, la quale rappresenta l’ultimo strato di un materiale che continua dall’esterno verso l’interno senza soluzione di continuità, con le stesse identiche proprietà, appare come una “situazione di spreco”.
Ma a ben riflettere è proprio questa apparente condizione di spreco che conferisce al mattone la capacità di sopportare nei tempi lunghi – addirittura secolari – le aggressioni meccaniche, fisico-chimiche e metereologiche esercitate dall’ambiente.
In genere, nei materiali moderni è la superficie esterna che mostra i segni dell’invecchiamento ed è datale superficie che molti degli elementi che concorrono al degrado raggiungono l’interno non atto a dare risposte di resistenza adeguate; ma nel caso del mattone, l’interno presenta per tutto il suo spessore le stesse qualità della superficie esterna, per cui si è in presenza di una sorta di rigenerazione continua dei valori di superficie, anche quando fenomeni di corrosione, abrasione, fessurazione, ecc. compromettono gli strati più esterni.
È noto come l’invecchiamento, che agisce incontrastato sull’aspetto esteriore dell’architettura, può innescare, in termini positivi, un processo di integrazione ed assimilazione figurativa delle opere stesse nell’ambiente – artificiale o naturale che sia in cui sono inserite. Questo processo è evidente soprattutto in costruzioni
eseguite con materiali naturali a vista,quali pietre e laterizi.
In questa direzione il laterizio ha dimostrato egregiamente, con realizzazioni ormai plurisecolari, la grande capacità di durare nel tempo registrandone le tracce senza perdere le proprie qualità e caratteristiche.
Le murature portanti in mattoni, successivamente all’entrata in vigore Norme Tecniche del 17/01/2018, sono declinate anche attraverso le murature armate, confinate e miste.
Nel documento ‘Uso normato dei Mattoni in Laterizio‘ sono riportate tutte le normative che si riferiscono alle murature portanti in mattoni.
Per approfondimenti si rimanda al sito Il Muro Armalater